mercoledì 22 luglio 2009

Un cubano che interpreta un italiano

Ieri sera sono stato quasi "costretto" a guardare uno di quei film orribili, senza senso, senza né capo né coda: la Pantera Rosa 2, quella con l'ispettore Clouseau interpretato da Steve Martin. Lo riporto qui, perché per recuperare il prezioso gioiello rubato viene convocato un team internazionale, in cui figura un italiano. L'italiano é interpretato da Andy Garcia, che é in realtá cubano. Gli affibbiano un'identitá composta da 4 tra nomi e cognomi, tutti ad affinitá partenopeo-iberica, ma c'é da dire che, almeno qui, l'italiano non fa la figura del cretino sbruffone. La sua parlata ed il suo modo di fare sono caricature, magari risulta troppo insistente nel corteggiare una donna, ma si dá da afre nel caso, riusolve situazioni, ed alla fine si ritira in favore di Clouseau quando capisce come stanno le cose con la donna che corteggiava.
Insomma, magari ci leggo troppo in questo film, peró si ha sempre paura di venire raffigurati come i malintenzionati, i delinquenti, i violenti, gli sfruttatori. E forse in fondo non siamo cosí importanti da essere sempre al centro dell'attenzione.

lunedì 20 luglio 2009

Tempo di tornare sul blog?

Tanto tempo senza scrivere. Ho aperto un account su Tweeter ma delle volte lo spazio limitato restringe i miei pensieri. Continuo a vedere usi e costumi, e a stupirmi sempre meno di tutto. Delle volte penso che questa cittá si stia milanesizzando, ma riesco sempre a ricredermi: forse sono io che mi abituo o che mi aspetto troppo. Insomma sto pensando se ho voglia di ripartire a scrivere o no.

venerdì 20 marzo 2009

Ieri un mio amico mi scrive e mi dice che il mio telefono é sempre occupato, cosa diavolo avró mai dai dire di continuo? In realtá ci penso e mi accorgo che il telefono non ha squillato per qualche giorno. Cosí verifico da un cellulare, poi alzo la cornetta (si chiama ancora cosí?) e mi accorgo che non c'é segnale. Allora vado in rete per trovare il numero da chiamare in caso di guasto, e scopro che Verizon, la compagnia telefonica, permette di segnalare i guasti via internet. Alle 2.15 del pomeriggio, dal computer nel piccolo ufficetto che uso al lavoro, compilo la richiesta di assistenza e mi viene comunicato che "entro le 8.00 di sera la situazione verrá risolta". Dopo mezz'ora mia moglie mi chiama da caa e dice che tutto funziona nuovamente

Insomma, il guasto é stato riparato in meno di un'ora, segnalandolo via internet. Immaginiamo cosa sarebbe accaduto in Italia: chiama la Telecom, riesci finalmente a parlare con un operatore, fissa un appuntamento.. non so nemmeno le procedure.. ma sinceramente, sarebbero venuti prima di una settimana? Dubito fortemente. Ma tanto a chi importerebbe? Con chi si protesta? Chi si interessa dei cittadini?

giovedì 17 luglio 2008

Non ti manca il tuo paese?

A volte qualcuno mi chiede "ma perché sei venuto qui? Non ti manca il tuo paese?"

La risposta é molto articolata. Partiamo dalla seconda domanda. Mi manca l'Italia, anzi "il mio paese"?

Anni fa mi trovavo per un breve soggiorno estemporaneo a Copenaghen (København), in Danimarca. Avevo poco piú di 20 anni, ero arrivato lassú da Bologna con un passaggio in macchina con i miei zii avventurosi, che si sarebbero poi spinti fino a Capo Nord, in Norvegia. Io invece avevo questa passione per la Danimarca, e mi feci lasciare all'ostello della gioventú della capitale danese. Lí conobbi varie persone provenienti da diversi paesi. Ricordo una notte una discussione sul proprio "paese" e non ho mai dimenticato quello che disse un ragazzo Americano: "il mio paese é qui", e mentre lo diceva si toccava la testa con un dito. Il tuo paese viaggia con te, diceva lui, e ti segue ovunque vai, non é un luogo fisico. Anni dopo, qui a Los Angeles, una persona con cui mi trovai a lavorare mi disse "il posto non importa, importa quello chi sei e quello che fai".

Sono quasi del tutto d'accordo con questo concetto. Io sono io, ovunque io sia, ma ci sono anche condizioni al contorno. Mi manca l'Italia? Alcune cose forse, la famiglia, gli amici, magari anche alcuni paesaggi. Ma alla fin fine, se si puó vivere diversamente altrove, se si possono fare cose altrove che non si potrebbero fare dove si é nati, che senso ha rimanere sempre nello stesso posto?

Eravamo in 19 nella mia classe l'ultimo anno di liceo, da quel che so, 16 abitano ancora lí, uno fa il pendolare settimanale con Milano, di un altro si sa che era andato a Roma, era tornato, e poi se ne sono perse le tracce. Quando abitavo a Milano e dissi ad alcuni amici che lasciavo lavoro e tutto quanto per venire negli Stati Uniti, una persona fu particolarmente arrabbiata, e disse "queste cose non succedono davvero, é solo una scusa perché vuoi rompere l'amicizia". Insomma, in Italia il concetto di costruirsi una vita altrove non é ancora ben definito nella mente delle persone.

Ma perché andare? La qualitá della vita gioca un ruolo importante. Spesso gli stranieri parlano della vita italiana come una di alto livello, cibo, relax, il sapere conciliare la necessitá del lavoro con il piacere. In realtá, e io lo ho sempre detto, questi stranieri non vivono il dettaglio quotidiano dell'Italia, la burocrazia, la mancanza di responsabilitá, il caos, essenzialmente la inaffidabilitá del sistema Italia che ti circonda. Loro arrivano, stanno anche magari un mese, ma non devono mettersi in coda all'ufficio postale, non devono litigare con persone che non fanno il loro dovere, non devono semplicemente "sperare" che le cose si aggiustino.

Un rimborso tasse, negli Stati Uniti arriva in poche settimane. All'ufficio postale, alla motorizzazione, nei musei, nelle universitá, perfino negli uffici di polizia, il personale é in genere civile e responsabilizzato. C'é una buca per strada? In una settimana viene riparata. Il vicino fa rumore? Glielo si dice, e lui in genere la pianta; se non la pianta, si riesce a farlo smettere. L'altro giorno hanno fatto un errore su un pagamento internet: mi hanno rimborsato dopo un rapido controllo. Compro un manufatto e mi accorgo a casa che c'é un buco o una smagliatura: ho 30 giorni di tempo per riportarlo. Ci sono tantissimi esempi di come la qualitá della vita sia, nel quotidiano, migliore qui che in Italia.

É sempre vero? Ci sono cose che non sono perfette, ci sono dappertutto. Molti pensano al sistema sanitario, io posso aggiungere anche quello pensionistico, la paranoia burocratica seguita all'11 settembre, un sistema meritocratico a volte piuttosto superficiale (i cretini esistono ahimé dappertutto). Spesso penso che gli Stati Uniti siano un paese in cui essere quando si é giovani: ci sono opportunitá, c'é la salute, c'é la disponibilitá. Da vecchio, molti continuano a lavorare per avere entrate o mantenere l'assicurazione sulla salute, e forse a quel punto, se non si hanno piú interessi professionali o passioni, tornare nell'Europa assistenzialista potrebbe presentare dei vantaggi. Ma vivere, penso che qui si viva e in Italia si attenda, si attenda sempre, si attenda un futuro migliore che non arriverá mai.

martedì 15 luglio 2008

L'immagine dell'Italia

Nonostante quanto riportato nel precedente commento, l'inconscio dell'Americano medio lungo la costa Ovest (mai pensare che esista un tipo di Americano solo) ha meno pregiudizi negativi sull'Italia (la mafia, il caos, i guidatori pazzi, la burocrazia) e piú immagini positive (l'arte, la bella vita, il senso del bello, il caffé, la moda, le macchine sportive, la storia antica, l'opera, il servizio sanitario) di quanto non si tenda a credere. Io stesso ho dovuto affrontare alcuni pregiudizi (c'é chi mi ha rinfacciato la mafia, la guerra, la corruzione) ma nel complesso, specie tra le persone che hanno studiato, c'é la percezione dell'Italia come di un paese sofisticato, dove la gente veste bene, beve il caffé in piazza e va in Vespa, se ne intende di cultura e ne parla davanti a un buon bicchiere di vino, sotto un pergolato di campagna. Anche se la immagine alla fin fine non corrisponde al vero, cosí come non
vi corrispondono i pregiudizi, fa sempre piacere essere visti positivamente. C'é chi
mi ha chiesto "Ma perché sei qui, se io potessi andrei in Italia adesso". Il discorso é lungo, e queste persone non sanno come é la vita di tutti i giorni in Italia. Lo affronteremo un'altra volta. Volevo peró aggiungere tre fotografie tratte dal Los Angeles Times di oggi (ancora!) che sono parte della campagna pubblicitaria di Starbucks, che si puó ormai definire come una multinazionale del caffé. Queste tre immagini, su tre pagine diverse (che culminano in un paginone finale che non pubblico), "italianizzano" Los Angeles: la prima dice "Rovine Romane scoperte ai pozzi di pece della Brea". La seconda dice "Corsie preferenziali per guidatori di Vespa sulla 405" (che é una delle autostrade piú intasate della cittá). Infine la terza dice "Il sindaco dá le dimissioni: si trasferirá in Italia per perseguire una carriera come cantante d'opera".




Insomma, a quanto pare l'immagine dell'Italia fa vendere. D'accordo, si tratta di caffé, ma l'idea é che se associ Starbucks all'Italia, la gente berrá piú caffé. Interessante no?

L'Italia ed i suoi immigrati


Il Los Angeles Times di oggi riporta nella sua edizione su carta, un articolo che per oggetto l'Italia. L'Italia viene stigmatizzata per ignorare il fenomeno della poligamia tra gli immigrati di fede islamica. Il giornale riporta che problemi simili esistono in Inghilterra e Spagna, ma si fa un elenco di casi specifici italiani, e si dice, nel titolo che non compare in rete ma solo su carta, che "Le unioni poligame degli emigranti mussulmani vengono in gran parte ignorate dalle autoritá, lasciando alle mogli poche possibilitá di ricorso nel caso vengano abusate"> Il titolo dice "Lividi ed occhi chiusi in Italia".
Nulla da dire sul senso dell'articolo, la violenza e l'abuso sulle donne vanno combattuti sempre, ma dare la colpa all'Italia? Se si usa il pugno duro, si é cattivi, se si va nell'altra direzione, si é lassisti.

sabato 1 marzo 2008

Altri Italiani

Ieri pomeriggio il giornalista del Corriere della Sera Beppe Severgnini é arrivato a Los Angeles per un breve (ed intimo) incontro a UCLA, la University of California, Los Angeles. L'incontro é stato secondo me gradevole, Beppe ha illustrato il suo punto divista sulla situazione politica italiana di oggi alla presenza del Console d'Italia ed altri personaggi a me sconosciuti ma dall'aria ufficiale. Il resto del pubblico era composto da una trentina di persone in maggior parte tra i 25 ed i 45 anni, chi studente, chi docente e chi chissá. Tra questi ultimi, un personaggio piú avanti con l'etá, giunto fin da San Diego a propagandare la sua candidatura nel collegio elettorale estero alle prossime elezioni politiche di Aprile 2008.


L'unica cosa che mi ha deluso un po' é stato il livello delle domande fatte all'ospite italiano: un paio di studenti ha insistito su una presunta coalizione, evocata anche da Beppe, tra i partiti di destra e quelli di sinistra per governare assieme il paese, sul modello tedesco. I due sembravano terrorizzati dall'idea che la sinistra potesse accettare di dividere le responsabilitá di governo con la destra.
Uno dei due ha inoltre detto che lui in realtá voterebbe la Coalizione Arcobaleno, ma non lo fará perché essendo lui studente di economia, si rende conto che questi "non capiscono niente di economia". Ha inoltre aggiunto che la spazzatura a Napoli c'é sempre stata, lui é di Gaeta (Latina) e lo sa bene, e se ne parla oggi solo perché "qualcuno la ha lasciata davanti alla porta sbagliata". Quando qualcuno ha obiettato che se dalle sue parti é sempre stato cosí, perché allora nessuno ha mai detto niente, lui ha risposto "No scusi io sono del Lazio, non della Campania", come a dire, per favore non confondetemi con quelli, che cosa ne so io.


Una donna, apparentemente docente di matematica in una universitá minore della zona, ha fatto un tragico appello per la sua cittá di origine, Ortona (Chieti), in cui pare che l'ENI voglia costruire una raffineria. Dopo che Beppe ha speso oltre un'ora a dire che non potremo sopravvivere se, come paese, ci propagandiamo solo come turismo, pasta e pizza, la signora in questione ha pensato bene di affermare che "l'Abruzzo é famoso per l'olio ed il vino, il petrolio non c'entra niente".


Insomma, la classica folla di italiani. Uno si domanda se lo stare all'estero per un po' di tempo ha in qualche modo contribuito a far loro vedere le cose da un altro punto di vista o meno, e le risposte ahimé non sono sempre positive. Io non sono Beppe, né vorrei esserlo, ma sono convinto che al di lá di questi personaggi valga la pena di contnuare a fare quello che fa, perché forse scremando bene qualcuno che dica qualcosa di diverso salta fuori. Ma ieri é stato un po' scoraggiante.